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mercoledì 10 settembre 2008

Sono una particella di Bario ... (parte II)

"Iuuuu ?!? C'è Nessuno ?!?!"
[Particella di Bario in moto Browniano in una scia chimica.]

Una critica che spesso viene mossa ai modellini dagli sciachimisti (in quei pochi casi in cui riescano a muovere delle critiche che non siano "Il tuo modello matematico non mi piace!") consiste nell'asserire che siano sostanzialmente deterministici e che quindi non vadano bene per modellare fenomeni "caotici" (quando loro stessi non hanno la più pallida idea di come e perchè si definisca "caotico" un sistema). Ecco dunque che spinti da questa critica e dall'esigenza di calcolare il mean free path per una particella di aerosol/particolato dobbiamo iniziare a tenere conto anche di fenomeni aleatori come il moto Browniano.
Quello che finora ho sentito circa le dimensioni del particolato è più o meno classificabile come:
1) Piccolissimo
2) Al di sotto del millimetro (Dr.s Staninger)
3) Nanoparticelle
etc.
Nessuna indicazione precisa circa le dimensioni. Insomma una nanoparticella per essere definita tale ha un diametro di 1-100 nm (nanometri). A queste dimensioni occorre iniziare a tener conto dello Slip Correction Factor, perchè ci si avvicina al regime di transizione (Numero Kn di Knudsen pari a circa 1). Considerando che l'aria è composta prevalentemente di azoto e che questo ha un raggio di Van der Waals pari a circa 155 pm (picometri, 10^(-12) m), e che le particelle in esame hanno un raggio equivalente di circa 1 nm, c'è un rapporto di quasi uno a mille ed continuare ad usare l'approssimazione continua senza le dovute correzioni può essere rischioso.
Lo scopo che ci si prefigge nel condurre questa analisi è la "complicazione" della formula che è stata derivata nella prima parte, e la derivazione di una relazione per il calcolo del cammino libero medio e del coefficiente di diffusione da usare in formule più complicate, che modellino la diffusione con il laplaciano invece che con il moto Browniano e descrizioni dettagliate delle interazioni di ogni singola particella con le particelle vicine.

Per raggiungere i nostri malefici scopi (ovviamente, disinformare, confondere e oscurare, nonchè conquistare il mondo) ci serviamo di una semplicissima equazione:

m_{p}\frac{d\bold{v}}{dt}=-\frac{6\pi\mu R_{p}}{C_{c}}\bold{v}+m_{p}\cdot \bold{a}

con Rp il raggio equivalente della particella, mp massa della particella, a accelerazione Browniana, Cc lo slip correction factor, μ viscosità del mezzo in cui la particella è immersa ed ovviamente v la velocità della particella nello spazio.
L'equazione in esame inoltre è ben conosciuta nell'ambito della fisica statistica, tanto conosciuta da avere un nome proprio di equazione: Equazione di Langevin.
A prima vista sembra un'equazione tranquillissima, unica cosa è che le variabili in neretto (v ed a), sono in realtà delle variabili aleatorie, e l'equazione in questione in realtà un'equazione differenziale stocastica. Nulla di complicato (almeno concettualmente parlando) dal momento che l'accelerazione accelerazione Browniana è una variabile "casuale" a media nulla, che appunto contribuisce ad un moto discontinuo e casuale della particella in esame. Ora dal momento che essere spinti in una direzione è equiprobabile all'essere spinti nella direzione opposta, si suppone che vi sia la proprietà di isotropia del movimento, ossia che l'accelerazione non abbia una direzione preferita.
Forti di queste conoscenze, introduciamo una variabile ausiliaria r che ci dia la posizione della particella. Dal momento che il moto della particella in questione è isotropo < r > = 0 (anche r avrà media nulla, sempre dal discorso sul fatto che il moto Browniano non abbia una direzione preferita).
Ricordo che la media di una funzione f di una variabile aleatoria x continua (o equivalentemente il suo valore atteso) è definita come:

\langle f(x)\rangle=\int{f(x)\cdot P(x) dx}

Ora, dividendo l'equazione iniziale per la massa e calcolando il valore atteso delle variabili, si ottiene

\frac{d}{dt}\langle\bold{r}\cdot\bold{v}\rangle=-\frac{1}{\tau}\langle\bold{r}\cdot\bold{v}\rangle+\frac{3kT}{m_{p}}

Dove τ è definito come:

\tau =\frac{C_{c}m_{p}}{6\pi\mu R_{p}}

Integrando l'equazione normalmente (nella variabile < r·v >), si ottiene:

\langle\bold{r}\cdot\bold{v}\rangle=\frac{3kT\tau}{m_{p}}+\langle\bold{r}_{0}\cdot\bold{v}_{0}\rangle e^{-\frac{t}{\tau}}

ora notando che:

\langle\bold{r}\cdot\bold{v}\rangle=\langle\bold{r}\cdot\frac{\bold{r}}{dt}\rangle=\frac{1}{2}\frac{d}{dt}\langle r^{2}\rangle

l'equazione finale diventa:

\frac{1}{2}\frac{d}{dt}\langle r^{2}\rangle=\frac{3kT\tau}{m_{p}}+\langle\bold{r}_{0}\cdot\bold{v}_{0}\rangle e^{-\frac{t}{\tau}}

Asintoticamente (ma abbiamo visto che il tempo effettivo di settling delle particelle piccole alla velocità dinale è davvero molto breve) possiamo allegramente omettere il termine esponenziale ed integrare in dt, ottenendo:

\langle r^{2}\rangle=\frac{3kT\tau}{m_{p}}t=\frac{kTC_{c}}{\pi\mu R_{p}}t

Sempre per isotropia abbiamo che:

\frac{1}{3}\langle r^{2}\rangle=\langle x^{2}\rangle=\langle y^{2}\rangle=\langle z^{2}\rangle

e pertanto:

\langle x^{2}\rangle=\langle y^{2}\rangle=\langle z^{2}\rangle=\frac{kTC_{c}}{3\pi\mu R_{p}}t

Questo risultato, a cui Einstein è pervenuto per altra via, è stato confermato anche sperimentalmente. Ne consegue che la distanza attraversata quadratica media della particella è direttamente proporzionale al tempo per cui ha subito il moto browniano.
Ora però cosa centra tutto ciò con il coefficiente di diffusione ?
Proviamo a scrivere l'equazione di diffusione semplice in 3 dimensioni:

\frac{\partial N(x,y,z,t)}{\partial t}=D\cdot\nabla^{2}N(x,y,z,t)

dove l'operatore laplaciano di una funzione è definito come:

\nabla^{2}f(x,y,z,t) = \frac{\partial^{2} f(x,y,z,t)}{\partial x^{2}}+\frac{\partial^{2} f(x,y,z,t)}{\partial y^{2}}+\frac{\partial^{2} f(x,y,z,t)}{\partial z^{2}}

mentre la funzione N fornisce il numero di particelle che si sta muovendo di moto Browniano. Possiamo adesso considerare la diffusività dovuta al moto Browniano come un fenomeno macroscopico. Supponiamo ora di trovarci con N0 particelle nel piano (y,z) e supponiamo inoltre che N, non dipenda da y o z.
moltiplicando ambo i membri dell'equazione precedente per x² e facendone l'integrale in dx da -∞ a +∞, otteniamo:

\int\limits_{-\infty}^{+\infty}x^{2}\frac{\partial N}{\partial t}dx = \int\limits_{-\infty}^{+\infty}x^{2}D\frac{\partial^{2} N}{\partial x^{2}}dx

ora, l'integrale a primo membro dell'uguaglianza altro non è che praticamente il valore atteso di x² (una volta portato fuori il differenziale rispetto a t), dal momento che siamo partiti con N0 particelle, con N0 particelle rimaniamo, pertanto:

\int\limits_{-\infty}^{+\infty}x^{2}\frac{\partial N}{\partial t}dx = \frac{\partial}{\partial t}\int\limits_{-\infty}^{+\infty}x^{2}Ndx = N_{0}\frac{\partial \langle x^{2}\rangle}{\partial t}

Ora il secondo integrale è un po' più impicciato da risolvere, ma se ne viene vuori con relativa semplicità usando l'integrazione per parti, e ricordando che:

\int g(x)\frac{d^{2} f(x)}{d x^{2}}dx = g(x)\frac{df(x)}{dx}-\left(\frac{dg(x)}{dx}f(x)-\int f(x)\frac{d^{2} g(x)}{d x^{2}}dx \right)

Applicando questa semplice regoletta al nostro integrale vien fuori che:

\int\limits_{-\infty}^{+\infty}x^{2}D\frac{\partial^{2} N}{\partial x^{2}}dx = D\left(\left[x^{2}\frac{\partial{N}}{\partial x}\right]_{-\infty}^{+\infty} - \left[2xN\right]_{-\infty}^{+\infty}+\int\limits_{-\infty}^{+\infty}2Ndx\right)

i primi due termini sono nulli, mentre l'ultimo termine con l'integrale è pari proprio a 2N0.
Quindi ora avendo sviluppato gli integrali possiamo eguagliare i due risultati, ottenendo:

\frac{\partial{\langle x^{2}\rangle}}{\partial t} = 2D

integrando in dt, otteniamo:

\langle x^{2}\rangle = 2Dt

Uguagliando questa relazione con la relazione ottenuta dal modello iniziale con l'equazione differenziale stocastica, otteniamo quella che in letteratura si chiama relazione di Stokes-Einstein-Sutherland (a meno del fattore Cc):

D=\frac{kT C_{c}}{6\pi\mu R_{p}}

ove k è la costante di Boltzmann, Rp è il raggio equivalente della particella, Cc lo slip correction factor, T temperatura e μ viscosità del mezzo in cui è immersa la particella.
Ora finalmente abbiamo ottenuto un coefficiente di diffusione realistico da poter usare nei futuri modelli alle derivate parziali.
Ora tanto per avere un'idea delle forze che agiscono su particelle estremamente piccole, basta sostituire dei numeretti nelle relazioni precedenti e calcolare la distanza percorsa, per diffusione o per settling gravitazionale, ebbene per particelle con diametro equivalente di 0.01 μm lo spostamento dovuto alla diffusione è circa 1000 volte più grande dello spostamento dovuto alla forza di gravità. Tuttavia facendosi due conti, ci si rende conto che per particelle che non siano di dimensioni comparabili con le molecole del mezzo in cui sono immerse, la diffusione non dà certo un gran contributo al trasporto.
Supponendo che l'ipotesi sciachimista sia valida, notiamo subito che c'è qualcosa che potrebbe stonare: se troppo piccole le particelle saranno soggette di meno alla forza di gravità e più trasportabili per diffusione o per convezione, se troppo grandi, cadranno a terra. Ora la seconda ipotesi è in contrasto con l'ipotesi sciachimista per via della durata, la prima anche, perchè per essere di qualche utilità a terra le particelle non devono stare in quota troppo a lungo, altrimenti poi le andiamo a raccogliere in africa. Insomma le particelle dovrebbero stare in quota un tempo sufficientemente lungo (più di qualche ora) per essere il modello compatibile con l'ipotesi sciachimista, ma non troppo a lungo in modo da non ricadere a troppa distanza dal punto dove si voleva fare irrorazione e non finire in africa. Inoltre sviluppando un modello alle PDE ho notato che l'ipotesi potrebbe avere almeno altri due bachi pericolosissimi, che sostanzialmente smontano completamente la teoria (uno per esempio è il contrasto tra il rilevamento a terra di particelle nanometriche ed i processi di condensazione-nucleazione, l'altro è l'inconsistenza della durata delle scie, il rilevamento di particelle nanometriche a terra ed appunto i processi di condensazione; ma di questo parleremo nella prossima puntata).

Ora però due parole sul "mean free path". Il movimento di una particella è caratterizzato dalla velocità termica media:

\bar{c}_{p}=\sqrt{\frac{8kT}{\pi m_{p}}}

La teoria cinetica dei gas ci dice che questa può essere legata alla diffusività come segue:

D=\frac{1}{2}\bar{c}_{p}\lambda_{p}

usando la relazione di Stokes-Einstein-Sutherland si ottiene la seguente espressione per il cammino libero medio di una particella di particolato in un gas:

\lambda_{p} = \frac{C_{c}}{6\mu}\sqrt{\frac{2\rho k T R_{p}}{3}}

Con l'ovvio significato dei parametri.
Abbiamo quindi ricavato un modo per determinare il cammino libero medio ed il coefficiente di diffusione.

Nella terza parte, tratteremo più in dettaglio la viscosità, i diametri equivalenti e la relazione dinamica generale per una particella singola.

lunedì 8 settembre 2008

Sono una particella di Bario ... (parte I)


"Iuuuu ?!? C'è Nessuno ?!?!"
[Particella di Bario in una scia chimica.]



Sono sicuro che molti di voi ricorderanno la famosa pubblicità di dell'acqua oligominerale a basso contenuto di sodio, dove una simpatica particella si aggirava per la bottiglia, cercando in vano suoi simili.
Cosa c'entra tutto questo con le scie chimiche ?
Partiamo dall'inizio del problema. Più volte è stato affermato che le scie chimiche contengano di tutto e di più (carciofini e tonno, criptonite verde, capperi, peli di castoro, nanomunghi™ etc ... ). Insomma sono piene di schifezze e questo più o meno lo avevamo capito tutti. Ebbene, tra le sostanze più gettonate ci sono alcuni metalli, Bario, Alluminio, Silicio etc.
Supponiamo per una volta che l'ipotesi sciachimista sia vera, ossia che le particelle in questione effettivamente siano presenti all'interno della scia e che la scia effettivamente contenga del Bario.
Iniziamo a creare un semplicissimo modellino LTI (lineare, tempo invariante) del comportamento si una particella nell'aria, ed in particolare l'evoluzione della sua velocità lungo l'asse z.
Innanzitutto, prendiamo l'asse z positivo verso il basso, ed iniziamo a scrivere l'equazione del comportamento della particella lungo l'asse z, avvalendoci dell'equilibrio delle forze:

m_{p}\frac{dv_{z}}{dt}=m_{p}\cdot g + a\cdot(u_{z}-v_{z})

il primo termine è dovuto alla gravità (F = m*a), il secondo alla differenza tra la velocità vz della particella e la velocità uz del fluido lungo l'asse z (velocità relativa).
Ora cos'è questo secondo termine misterioso ? Semplice: la forza di Stokes (forza di attrito viscoso), corredata da un fattore di correzione.
Tale forza ha espressione:

F_{s}=\frac{6\pi \mu R_{p}}{C_{c}}\cdot u_{rel}

dove μ è la viscosità dell'aria, Rp è il raggio equivalente (o fisico/effettivo) della particella, e Cc è lo "Slip Correction Factor". Lo slip correction factor viene applicato quando il numero di Knudsen diventa relativamente alto (per particelle molto piccole).
In particolare il numero di Knudsen Kn è definito come:

K_{n}=\frac{\lambda}{R_{p}}

ove λ è il "mean free path" (cammino libero medio), ossia la distanza media che la particella di particolato può percorrere in linea retta prima di beccare una particella del fluido in cui è immersa. Insomma per particelle grandi (per le quali cioè ha senso fare un'approssimazione continua del mezzo in cui sono immerse, e per cui la legge di Stokes predice bene il comportamento) il numero di Knudsen tende a 0. Per particelle piccole invece, le cui dimensioni sono paragonabili alle dimensioni delle particelle del fluido in cui sono immerse il numero di Knudsen tende ad 1. In quest'ultimo caso infatti la legge di Stokes (derivata da una legge di conservazione della massa e da un'equazione di conservazione dei momenti, appunto equazione di Navier-Stokes) necessita di una correzione per poter fornire dei risultati soddisfacenti. Da cui la necessità di introdurre lo slip correction factor nella formula di prima.
Cc risulta infatti essere definito come:

C_{c}=1+\frac{\lambda}{R_{p}}\left[1.257+0.4\cdot e^{-\frac{1.1R_{p}}{\lambda}}\right]

Pertanto ora che abbiamo praticamente definito tutto quello che c'è da definire, l'equazione differenziale lineare e stazionaria per la velocità che abbiamo considerato prima diventa:

m_{p}\frac{dv_{z}}{dt}=m_{p}\cdot g + \frac{6\pi\mu R_{p}}{C_{c}}\cdot(u_{z}-v_{z})

dividiamo tutto per la massa mp e otteniamo:

\frac{dv_{z}}{dt}=g + \frac{6\pi\mu R_{p}}{C_{c}\cdot m_{p}}\cdot(u_{z}-v_{z})

I più accorti a questo punto quantomeno protesteranno sul fatto che assumere costante la viscosità ed il mean free path, nonchè la massa ed il raggio sia un'eresia; infatti queste grandezze dipendono dalla temperatura ed un'altra serie di parametri che sostanzialmente possono essere ricondotti alla dipendenza dall'altezza a cui si trova la particella. Mi sento di rassicurare costoro sul fatto che le "dovute complicazioni" verranno introdotte più avanti.
La soluzione all'equazione precedente si ottiene in modo banale (se non ci fosse di mezzo un'integrale di convoluzione sarebbe ancora più facile) nel modo seguente:

v_{z}(t)=e^{-\frac{6\pi\mu R_{p}}{C_{c}\cdot m_{p}}\cdot t}\cdot v_{z}(0) + \int\limits_{0}^{t}
e^{-\frac{6\pi\mu R_{p}}{C_{c}\cdot m_{p}}\cdot (t-\tau)}\frac{6\pi\mu R_{p}}{C_{c}\cdot m_{p}}\cdot u_{z}(\tau)d\tau

Se si assume la velocità u, costante e non dipendente dal tempo, la soluzione si semplifica in:

v_{z}(t)=\frac{C_{c}g\cdot m_{p}+6\pi R_{p}\mu\cdot u_{z}+e^{-\frac{6\pi\mu R_{p}}{C_{c}\cdot m_{p}}\cdot t}\cdot (6\pi R_{p}\mu (v_{z}(0)-u_{z})-C_{c}g\cdot m_{p})}{6\pi R_{p} \mu}

A questo punto si può pure assumere che la particella in questione si sferica, e scrivere la massa mp tenendo conto delle proprietà di galleggiamento come:

m_{p}=\frac{4}{3}\pi R_{p}^{3}(\rho_{p}-\rho)

dove ρp è la densità della particella, e ρ è la densità del fluido in cui la particella è immersa (ovviamente anche questa densità dipenderà dalla temperatura e dall'altezza).
Espressione ancora un po' complicata, ma già si inizia a vedere cosa succede:
il termine esponenziale nella formula per la velocità per t tendente a +∞, tende a 0, annullando tutto l'ambaradan tra parentesi che lo stà a moltiplicare, guardacaso uccidendo anche la dipendenza dalle condizioni iniziali della velocità. D'altronde è noto che per sistemi lineari (e non solo) il punto di equilibrio non dipende dalle condizioni iniziali. L'espressione della velocità finale della particella, una volta fatte le dovute semplificazioni diventa pari a:

v_{z}^{*}=u_{z} + \frac{2 C_{c}R_{p}^{2}g\cdot (\rho_{p}-\rho)}{9\mu}

La velocità u, è da considerarsi con il segno -, se tende a riportare la particella in alto (ascensionale) e con il segno + se la componente lungo z del vento è diretta verso il basso. Per pervenire a questo semplice risultato asintotico non era necessario risolvere tutto quanto, bastava soltanto imporre:

\frac{dv_{z}}{dt}= 0 = g + \frac{6\pi\mu R_{p}}{C_{c}\cdot m_{p}}\cdot(u_{z}-v_{z}^{*})

e ricavare la velocità di equilibrio v* (questo giochetto lo si può fare se la velocità del vento è supposta essere costante).
L'ultimo termine dell'espressione per la velocità di equilibrio in particolare è certo piccolo ma non nullo. Cosa si evince dunque da questo semplice modellino ?
1) Se sufficientemente grande, una particella se ne viene giù a terra senza fare una grinza. Questo implica il fatto che se le correnti in quota sono tali da sostenere una particella pesante (per esempio di polvere di bario), a maggior ragione faranno restare in quota una particella di ghiaccio che ha densità minore. Pertanto non si può discriminare la composizione della scia di condensazione (o chimica) basandosi esclusivamente sui tempi di permanenza in quota delle particelle.
2) Se il tempo di permanenza è sufficientemente lungo, essendo le velocità terminali di equilibrio dipendenti dal raggio delle particelle (ed è ben diversa anche la velocità con la quale le particelle di peso diverso di assesteranno alla velocità terminale) le particelle viaggeranno a velocità differenti, e sostanzialmente si separeranno le une dalle altre. Insomma se ci fosse una scia composta da particolato di bario e goccioline/cristalli di acqua, è lecito supporre che dopo qualche ora, la scia sostanzialmente si separerà in due (o più) scie differenti, una con una maggior concentrazione di cristalli di ghiaccio, l'altra con una maggior concentrazione di particolato di bario. Non mi risulta che tali "doppie scie" siano mai state fotografate o riprese. Tale tecnica si usa nei laboratori (mediante centrifughe) per la separazione di vari composti.
Se in più ci aggiungiamo anche il fatto che le particelle hanno un'elevata igroscopicità formeranno dei fantastici nuclei di aggregazione ed accentueranno ancora di più gli effetti precedentemente descritti, per via dell'incremento della massa e del raggio.
Inutile dire che la granulometria dei presunti particolati non mi sia mai stata fornita, nonostante i sostenitori della teoria sciechimista in questione strepitino tanto sul fatto di aver fatto un'infinità di rilevazioni ed esperimenti, nè è stata fornita alcuna indicazione sui composti presumibilmente coinvolti.
Ora qualcosa circa la densità ρp e sul bario. Non può trattarsi del bario allo stato puro, perchè questo è estremamente reattivo e reagisce molto velocemente a contatto con l'aria. Ora i possibili candidati che ci si aspetterebbe di trovare in una miscela di irrorazione al bario è o l'ossido di bario (BaO) oppure il carbonato (BaCO3). Ora l'ossido di bario è prodotto per decomposizione termica del carbonato di bario a circa 1300 C°. Questa reazione inizia ad avvenire anche a 800 C°. L'ossido di bario però è sensibile alla presenza di H2O, e a contatto con questa prima si trasforma in idrossido di bario, poi continua a idratarsi, fino ad eventualmente diventare barite caustica. Unico particolare che i prodotti intermedi di questa reazione sono molto sensibili alla presenza di CO2 nell'ambiente circostante, ed a contatto con questa si produce ancora una volta il carbonato di bario. Pertanto sembra lecito supporre che è proprio questo il componente che ci si aspetterebbe di trovare nelle scie chimiche. Quindi sostituendo i valori opportuni nelle formule si può ottenere un modello più realistico, cercando di eliminare l'incertezza sul composto a partire da queste semplici considerazioni.
Il fatto però che i composti del bario in esame siano piuttosto igroscopici, accentua ulteriormente l'effetto di accrescimento della massa e della formazione dei nuclei di aggregazione che tenderanno a precipitare perchè appesantiti dall'acqua. Pertanto la lunga permanenza in quota di questi composti non sembra in prima analisi essere compatibile con le loro proprietà chimiche.
Ed a tutto questo si giunge supponendo per assurdo che l'ipotesi sciachimista sia vera.

Ulteriori analisi verranno condotte nella parte II.